Fotografia
La danzatrice di ghiaccio
Animesh Singh aveva incontrato Kamalika al mercato poco al di fuori del villaggio e se ne era subito innamorato, quando molti anni dopo disegnò il logo della Air India, l’immagine di Kamalika che danzava era l’unica fonte alla quale era disposto ad ispirarsi.
Nella primavera del 1985 tre ragazzi avevano disubbidito alla loro guida e si serano avventurati in un fuoripista che dopo una trentina di minuti di era rivelato per quello che era: una scelta sbagliata. La sera precedente, quando avevano cospirato la defezione suggellando il patto con un brindisi di anisetta, il più giovane dei tre era stato fortemente propenso ad inventarsi un malanno notturno ( di quelli che ci si inventa la notte prima del compito di matematica) da recitare al mattino per defilarsi (benchè costernato!) dalla bravata promessa. Mentre rimuginava intirizzito sulla scelta sbagliata, con la coda dell’occhio credette di vedere qualcosa di strano o qualcosa di normale se non fosse che non avrebbe dovuto trovarsi lì davanti a lui, a duemilacinquecento metri in un crepaccio di ghiaccio. I tre ragazzi si erano imbattuti nella coda del Kangchenjunga, uno splendido quadrimotore indiano precipitato sul Monte Bianco nel Gennaio del 1966, sul suo alettone posteriore campeggiava il simbolo della compagnia indiana: la silhouette di una giovane danzatrice del ventre. Ci volle un istante per rendersi conto che era soltanto il riverbero dei raggi solari sugli strati del ghiacciaio a dare l’illusione ottica che la ragazza danzasse rivolgendosi a loro. Ad Ottobre alcune parti dell’alettone erano state liberate e come i tanti resti di relitti aerei anche la danzatrice diventò un souvenir della storia della montagna.
Animesh non sposò Kamalika, le ragioni familiari alla fine ebbero la meglio conducendolo ad un tradizionale matrimonio di interessi. Ma l’immagine di Kamalika che danzava per lui lo accompagnò per molti anni ancora.
Francesco Jodice, La danzatrice di ghiaccio, 2014
Commenti all’articolo
0 commenti